lunedì 3 marzo 2008

Un anno fa la mano di Cava smetteva di tracciare la Linea

IL RICORDO
La traccia lasciata su un foglio di carta dalla punta ben aguzza di una matita che scorre, è un insieme infinito di punti che ci dà l'immagine materiale imperfetta di una linea. “Quando non ci sarà più questa mano, tu continuerai a vivere”, parole di Osvaldo Cavandoli alla sua Linea, l’omino protagonista delle sue strisce animate che percorre una linea virtualmente infinita e di cui è anch'esso parte integrante. Il personaggio incontra nel suo cammino numerosi ostacoli e spesso si rivolge al disegnatore in un linguaggio incomprensibile, affinché esso disegni la soluzione ai suoi problemi. Osvaldo Cavandoli, da un anno ha smesso di disegnare, e nonostante i media si siano dimenticati di lui, è vivo nel ricordo degli amici più cari e nella mente di chi sente ancora il suono di “Baiubadu” colonna sonora jazz curata da Franco Godi e la voce di Giancarlo Bonomi, che gli fornì una parlata onomatopeica dal vago accento milanese, emblema di una serie di celebri spot pubblicitari dell’intramontabile Carosello. Cavandoli è un "maestro" dell'animazione e diversi suoi "discepoli" sono diventati a loro volta dei numeri uno nel campo dell'animazione, uno di questi, Piero Tonin. Tunin, come lo ha sempre chiamato Cavandoli, vive e lavora a Washington occupatissimo nel campo del disegno animato statunitense e con vignette su quotidiani e su vari siti Internet, ci regala un ricordo personale e non resiste alla tentazione di riscattare la sua categoria: «Si dice che fumettisti e animatori altro non siano che attori frustrati che, in mancanza di mezzi adeguati, danno sfogo alla loro repressa voglia di protagonismo attraverso il disegno. Nulla fu mai più falso nel caso di Osvaldo Cavandoli in arte “Cava”, che nella vita di tutti i giorni era un entusiasta, una vera e propria rock star e che la vita l’ha vissuta alla grande. Tutto, o quasi, si sa del suo amore per il disegno, ma chi ha avuto il privilegio di frequentarlo nel suo regno, lo storico Studiocine Cavandoli di via Prina, ha avuto il piacere di scoprire le altre, grandi passioni, che muovevano l’Osvaldo». Il ricordo passa alle immagini che ripercorrono la mente di Tonin: «al centro dello studio, il Cavandoli ufficiale, seduto dietro alla scrivania con foulard da playboy d’ordinanza, sigaretta sottile perennemente accesa e occhietti furbi di chi la sa molto più lunga di te. Tutto attorno, indizi del Cavandoli artigiano, in grado di trasformare con le proprie mani una scrivania in un perfetto tavolo per animazione, in modo da poter disegnare e rispondere al telefono senza doversi alzare. E poi i mascherini con la silhouette de La Linea, rigorosamente fatti in casa, per tracciarne sul foglio l’inconfondibile profilo con un unico tratto e velocizzare così il lungo e tedioso lavoro di animazione. E poi la bacheca, con i pupazzi dei caroselli anni ’50, tutti realizzati a mano dall’Osvaldo, dall’anima in metallo con giunture in piombo fino ai più minuti dettagli del viso e dei vestiti». Il ricordo continua con gli attrezzi del mestiere, «immediatamente dietro alla scrivania, - continua Piero Tonin- la piccola sala da ripresa con le pareti nere dove hanno preso vita i cortometraggi de La Linea che avrebbero fatto il giro del mondo. Una mastodontica moviola grigia per il montaggio e soprattutto il banco da ripresa per fotografare i disegni su pellicola, costruita dall’ingegner Cavandoli adattando una vecchia macchina da ripresa 35mm degli anni ’30.»

E le sorprese continuano nel racconto della visione del vecchio teatro di posa dove sono stati realizzati gran parte dei film a pupazzi animati prodotti da Cavandoli negli anni ’50. «Nella gran confusione di oggetti di ogni genere – rimarca Tonin - spiccavano una 600 grigia perfettamente conservata e, su una delle altissime pareti, un gran cielo azzurro dipinto, ormai quasi del tutto sbiadito, che faceva da sfondo alle avventure dei pupazzi animati, molti dei quali stazionavano nel magazzino in attesa di essere restaurati, ovviamente dallo stesso Cavandoli. In alto, su irraggiungibili scaffali, migliaia e migliaia di disegni realizzati per i caroselli e i corti de La Linea, forse in attesa di una catalogazione.» Su Cava, Massimo Maisetti, critico cinematografico, direttore dell’istituto per lo studio e la diffusione del cinema d'animazione e presidente nazionale Fedic, ci offre un ricordo particolare: «Disegno e manualità erano le sue inesauribili risorse. Dal 1936 al 1940 disegnatore tecnico all’Alfa Romeo, durante la guerra aveva collaborato con una celebre cartoleria milanese, poi con Nino e Toni Pagot a costruire “I fratelli Dinamite”, un film eccezionale per la modernità, le stravaganze, l’intelligenza surreale. Seguì la laboriosa e stupenda parentesi nel cinema a pupazzi pubblicitario, dove emergeva la sua poliedrica abilità di creativo nel modellare con maestria un universo lillipuziano di pupazzi ricchi di espressività: Pinocchio, Geppetto, Cappuccetto Rosso, il lupo, i personaggi tipici del western…Con l’avvento della televisione la pubblicità a pupazzi declinò fino a sparire, ma Cavandoli non perse la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, di semplice, senza scenografie, guardando all’essenziale: una mano, con una matita pronta a tracciare una linea ininterrotta e a disegnare i contorni del protagonista, dei personaggi e delle situazioni più o meno gradevoli in cui si trova coinvolto suo malgrado. I premi della critica vinti a Zagabria nel 1972 e ad Annecy nel 1973, hanno regalato a Mister Linea e al suo creatore celebrità e simpatia in tutto il mondo, ma gli è stata negata la libertà di esibirsi come avrebbe meritato nel Paese dov’è nato. Sabato 3 marzo 2007, nella prime ore di un giorno triste, Osvaldo Cavandoli ci ha lasciati soli, a rimpiangere con profondo dolore il suo sorriso, la sua simpatia.» Da umorista a tempo pieno l’Osvaldo era artefice di una vasta gamma di scherzi, burle e lazzi spesso feroci. «Amava guidare nel traffico di Milano con un enorme naso finto dall’aspetto assolutamente realistico – ricorda Tonin- per godere, con espressione impassibile, delle reazioni degli altri automobilisti, ma gli piaceva anche cucinare e per far fronte alle giornate di scarsa ispirazione, il Cava aveva predisposto, in un angolo del magazzino, un’attrezzatissima cucina nella quale era in grado di realizzare marmellate, liquori, salse, sughi, confetture, che elargiva con generosità ai frequenti visitatori dello studio. I vasetti erano adornati con eleganti etichette in stile liberty recanti la scritta “Premiata Conserveria del Cava”, tra cui spiccava il leggendario “Cippomo”, straordinario incontro di cipolla e pomodori verdi.» Ma quando la Lagostina, all’inizio del 2007 decise di cambiare il suo storico logo, diede anche una forte amarezza all'anziano ideatore. Egli che aveva creato “la sintesi” nel cinema di animazione sperimentando un nuovo modo di raccontare le storie attraverso una Linea che vive e che parla, ha sofferto per essa e per quel veto a una gloria internazionale del nostro Paese per timore forse, del suo messaggio eversivo e qualche volta dissacrante. E ripete: «Quando non ci sarà più questa mano tu continuerai a vivere». La Linea prima si arrabbia, poi piange per quelle parole, e infine ride insieme al suo creatore.
Giulia Fresca
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